Intervista a Sara Melotti: fotografia e viaggi alla ricerca della bellezza
Che cos’è la bellezza? É questa la domanda che ha spinto Sara Melotti a mollare la sua carriera di fotografa di moda e a partire in viaggio alla ricerca di una risposta. Una scelta radicale e coraggiosa, dedicata alle donne di tutto il mondo; un progetto che desidera abbattere gli stereotipi di bellezza imposti dai media, da sempre ostacolo per la salute fisica e mentale delle donne. Sara ce ne parla in questa intervista, tra aneddoti di viaggio, fotografia, incontri e cambiamenti. Una riflessione sull’essere donna oggi, che porta con sè tutta la saggezza raccolta da Sara durante i suoi viaggi.
©Sara Melotti
Com’è evoluto il rapporto con te stessa nel tempo? C’è stato forse qualche episodio chiave che ha cambiato la tua percezione di te?
L’unica cosa che non cambia mai è il cambiamento, penso che il rapporto con me stessa sia ancora in evoluzione, forse lo sarà sempre. C’è il rapporto con chi sono fuori (il mio aspetto esteriore, il mio corpo) e quello con chi sono dentro (i pensieri, le emozioni, i sogni, i limiti) e i due sono più interconnessi di quel che si pensi. Il primo è stato quello più problematico: quando ero più giovane non avevo ancora addosso l’esperienza di vita che ho adesso, ero molto superficiale e condizionata da quello che la società ci butta addosso (soprattutto dalle immagini) ed ero poco consapevole di me stessa; pensavo che l’aspetto esteriore fosse importante, e quando mi guardavo allo specchio ci vedevo un mostro. Mi ci sono voluti anni per capire che quello che contava davvero era quello che avevo dentro, e quando ho fatto questo switch ho iniziato a vederci un’amica nel riflesso invece che un corpo da combattere.
É stato viaggiando che ho iniziato ad acquisire la profondità per conoscermi davvero, e imparare a conoscerci è forse la responsabilità più grande che abbiamo verso noi stessi in questa vita.
Più che un singolo episodio quello che ha cambiato la percezione che avevo di me stessa è stato viaggiare (viaggio in solitaria, da fotografa, spesso in zone remote e in condizioni tutto meno che comode, e sempre a stretto contatto con la gente del posto) il viaggio ti fa fare i conti con chi sei, con le tue paure, con i tuoi limiti, spesso ti fa rendere conto che sei più forte di quel che pensi, e, soprattutto, ti fa guardare oltre le apparenze e i pregiudizi. Viaggiare mette tutto in prospettiva: ti fa capire cosa è importante e cosa no. É stato viaggiando che ho iniziato ad acquisire la profondità per conoscermi davvero, e imparare a conoscerci è forse la responsabilità più grande che abbiamo verso noi stessi in questa vita.
C’è un personaggio o una persona a te vicina che ti ha particolarmente ispirata per i suoi ideali o per il suo stile di vita?
Ho la fortuna di avere tante persone stupende vicine, persone che ammiro per quello che fanno e per come vivono la propria vita, ma le persone che più mi hanno ispirata e che più hanno influenzato la mia visione della vita e del mondo sono tutti e 3 uomini che, purtroppo, non ci sono più.
Il primo è mio nonno, un uomo dal cuore immenso che mi ha insegnato a seguire sempre i sogni, ovunque mi portino. Il secondo è Tiziano Terzani—uno dei migliori giornalisti del nostro tempo—che con le sue parole mi ha insegnato a non smettere mai di cercare la verità, e a inseguirla non solo nel mondo ma anche dentro di me e oltre la materia. Il terzo è Anthony Bourdain—ex chef, scrittore, viaggiatore e TV host—che con i suoi shows mi ha insegnato a viaggiare col cuore aperto, a fidarmi dell’ignoto e a capire che, nonostante le nostre infinite differenze, siamo tutti più simili di quel che crediamo. Senza di loro non sarei chi sono oggi e non starei facendo quello che faccio probabilmente.
©Sara Melotti
Partendo da questa citazione, ai tuoi occhi, qual è il pregiudizio più comune riguardo alle donne e al femminismo? “Feminism isn’t about making women stronger, women are already strong, it’s about changing the way the world perceives that strength”, G. D. Anderson (Il femminismo non cerca di rendere le donne forti, le donne sono già forti. Si tratta di cambiare il modo in cui il mondo percepisce la loro forza).
Ho dovuto riflettere parecchio per rispondere a questa domanda. Il pregiudizio più comune riguardo alle donne è forse che esse non siano in grado di ricoprire posizioni di leadership: questo è dovuto a una cultura o a un pensiero (più o meno consapevole) che vede la donna come “debole”, come un soggetto “da tutelare”. Visione secondo me data non solo dal millenario retaggio culturale di stampo maschilista che ci portiamo dietro, ma anche da un certo tipo di femminismo moderno che pone la donna su un piano diverso rispetto agli uomini e che spesso tende a mettere le une contro gli altri, a creare divisioni e differenze più che unità di intenti e di uguaglianza vera.
La mia idea di femminismo è cambiata molto da quando ho iniziato a lavorare su progetti per i diritti delle donne in Paesi asiatici e africani: ho incontrato e intervistato donne a cui vengono negate non solo le pari opportunità, ma soprattutto i diritti basilari; donne che hanno subito mutilazioni genitali, stupri di gruppo, attacchi con l’acido, donne vendute a poker, ridotte in schiavitù, spose-bambine e molte altre atrocità che noi nemmeno immaginiamo. Dopo aver visto con i miei occhi queste cose, spesso oggi mi sembra che il femminismo (sopratutto il “femminismo da tastiera” che viene fatto sui social) si concentri su battaglie sbagliate e puramente ideologiche, battaglie spesso controproducenti per le donne stesse, perché se l’obiettivo è raggiungere la parità e l’uguaglianza (e non il dominio o, peggio, la concezione dell’altro sesso come di un nemico), allora bisogna mettersi tutti sullo stesso piano.
Il femminismo sano, secondo me, è quello che rende le donne consapevoli di se stesse, della propria forza, del proprio valore; e—per quanto sia difficile farlo capire senza fraintendimenti—devono essere le donne stesse a riconoscerlo il proprio valore, cosa che ancora troppo spesso non succede. Le donne sono creature straordinariamente forti e resistenti, sensibili e determinate ma spesso siamo noi le prime a dimenticarcelo.
Sappiamo che le donne al potere sono poche ma quello che non sempre viene detto è che non sono tante quelle che provano ad arrivarci.
©Sara Melotti
In Italia quei diritti basilari di cui parlavo prima li abbiamo, le opportunità pure: non bisogna aspettare che qualcuno ce le offra o si batta al nostro posto ma bisogna prendersele queste opportunità; ci vuole coraggio, certo, predisposizione a fare dei sacrifici e soprattutto non bisogna avere paura del giudizio altrui. Solo se ci prendiamo la responsabilità verso noi stesse (di essere artefici e responsabili del nostro destino) arriveremo ad avere quello che vogliamo. Sappiamo che le donne al potere sono poche ma quello che non sempre viene detto è che non sono tante quelle che provano ad arrivarci.
Tra donne spesso si respira ancora aria di competizione e d’invidia. Cosa pensi che aiuterebbe a rendere le donne alleate e non nemiche?
Non entro nel discorso oggettificazione e autooggetificazione del corpo della donna perché non finiremmo più, ma questa resta ancora oggi una delle componenti principali alla base di questa aria di invidia e competizione. L’invidia nasce sempre da una propria insicurezza, perché si pensa di avere qualcosa in meno. Le donne che trattano le altre donne come nemiche sono quelle insicure di sé, quelle che le trattano come alleate sono quelle che riconoscono il proprio valore e sanno vedere nelle altre opportunità di crescita e apprendimento. Il successo di un’altra donna non compromette il tuo, per fortuna siamo tutte diverse e vogliamo tutte cose diverse. E se abbiamo gli stessi obiettivi possiamo provare a raggiungerli insieme o fare del nostro meglio per riuscirci per poi riconoscere di aver fatto il massimo indipendentemente dal risultato.
Penso che quello che aiuterebbe davvero è smettere di giudicare gli altri e guardarsi dentro per riuscire così a trasformare l’invidia e la competizione in ispirazione, in carburante per migliorarsi e avvicinarsi sempre di più ai propri sogni.
Che impatto ha avuto su di te la tua esperienza come fotografa di moda? E come sei arrivata al tuo progetto personale QUEST FOR BEAUTY ?
Quando ho iniziato a fare fotografia avevo una visione molto femminile, morbida, romantica delle immagini che volevo creare e la fotografia di moda era il genere che più rispecchiava questa mia visione, così ho intrapreso quella strada, senza pensarci troppo. Dopo 3 anni da fotografa di moda a New York però ho capito che le mie immagini contribuivano a creare degli standard di bellezza irreali e irraggiungibili che annientavano l’autostima di innumerevoli donne (me compresa), e portava molte altre a soffrire di depressione e disturbi alimentari. Non volevo far soffrire le donne con il mio lavoro.
ho iniziato a viaggiare in solitaria per fotografare le donne che incontravo per strada e chiederlo a loro: “Cos’è la bellezza?”
Una volta raggiunta questa consapevolezza ho avuto una vera e propria crisi di coscienza, non ci dormivo la notte; ho capito che dovevo lasciare il mio lavoro e “fare ammenda per il male fatto”. Nel bene e nel male sono una persona che si fa tante domande e, in quel periodo, una domanda che non mi lasciava in pace era “Cos’è la bellezza?”. Ho deciso di andare a scoprirlo: ho creato Quest For Beauty e ho iniziato a viaggiare in solitaria per fotografare le donne che incontravo per strada e chiederlo a loro: “Cos’è la bellezza? Qual’è la cosa più bella per te? Cosa rende una donna bella? Cosa rende una donna non-bella? Ti senti bella?”. Dopo qualche mese dall’inizio del progetto ho mollato definitivamente la moda e NYC per viaggiare a tempo pieno, ora la mia vita è completamente diversa.
©Sara Melotti
Sono passati cinque anni da quando ho iniziato il progetto, ad ora ho coperto 15 paesi, e ho parlato con centinaia di donne, donne che non solo mi hanno insegnato tanto ma hanno completamente cambiato il modo in cui vedo la bellezza. Le risposte più comuni alla domanda “Cosa rende una donna bella?” sono: gentilezza, empatia, sicurezza in se stesse. Non è bellissimo?!
Pensi che il mondo della moda abbia fatto dei passi avanti verso l’abbattimento degli stereotipi sulla bellezza? E dove vedi ancora un ampio margine di miglioramento?
In tutta sincerità non penso si siano fatti grandi passi avanti. Sì, c’è più diversità rispetto a qualche anno fa, ma le modelle sulle passerelle, nelle campagne pubblicitarie e negli editoriali sono ancora per la maggior parte ragazze giovanissime, alte e magre, con l’aggiunta di qualche modella plus size qua e là. I volti delle modelle scelte sono quasi sempre dai tratti simmetrici, facce considerate “belle” secondo lo standard. Le poche volte che vengono scelti delle modelle o dei modelli “alternativi” lo si fa spettacolarizzandoli più che normalizzandoli. Penso che ci sia ancora ampio margine di miglioramento in tutte le direzioni, il vero abbattimento degli stereotipi si fa rappresentando i corpi e i volti più disparati, corpi e volti come il mio, il tuo e quelli della maggior parte delle persone che stanno leggendo questa intervista.
Che responsabilità senti di avere in quanto fotografa, videomaker e scrittrice?
Di dire la verità, di essere sempre onesta (con chi legge e guarda il mio lavoro, e con me stessa in primis), di far vedere il mondo per quello che è, mostrando sia il bello che e il brutto, perchè ci sono quasi sempre entrambi. E’ così facile distorcere la realtà oggi, ed è così dannoso farlo.
Dietro l’obiettivo scompaio, mi dimentico di me, vedo oltre me stessa e per un attimo divento “l’altro”.
©Sara Melotti
Cosa provi quando scatti foto in viaggio? E cosa vedi attraverso la lente della fotocamera che altrimenti passerebbe inosservato?
La mia macchina fotografica mi dà accesso a uno strato più profondo dei posti e delle culture che incontro nei miei viaggi. Dietro l’obiettivo scompaio, mi dimentico di me, vedo oltre me stessa e per un attimo divento “l’altro”. Quando fotografo le persone attraverso il mirino vedo dettagli che raccontano la loro storia, vedo anche qualcosa che loro forse non hanno mai visto di se stesse; a volte, quel venticinquesimo di secondo diventa magia: c’è uno scambio silenzioso, micro-attimi carichi di umanità e di vulnerabilità.
Considerando le mete dei tuoi viaggi, spesso in luoghi con strutture sociali diverse da quelle europee, ricordi di una volta in cui ti sei sentita trattata ingiustamente o in pericolo perché donna (o per altri tratti della tua identità)?
Trattata ingiustamente in quanto—palesemente—straniera sì, è capitato, ma per delle sciocchezze economiche: per esempio quando i taxisti cercano di farti pagare il triplo rispetto a quello che fanno pagare ad un locale (ma se la si sa prendere con filosofia anche le negoziazioni estenuanti possono diventare divertenti). Invece ci tengo a dire che in tutti questi anni non mi sono mai sentita in pericolo, né in quanto donna, né in quanto straniera… Il mondo è un posto molto più bello e sicuro di quello che ci fanno credere i media, basta usare il buon senso e fidarsi del proprio istinto per non ficcarsi in situazioni che potrebbero rivelarsi potenzialmente pericolose (le mie regole ferree quando viaggio da sola sono: non bere/usare droghe; non uscire la sera da sola ammesso che abbia già una buona conoscenza della zona; vestirmi in modo appropriato secondo la cultura locale).
Le poche volte che mi sono quasi messa nei guai è stato per la mia stessa stupidità. L’episodio più spiacevole che mi è capitato è stato durante l’Holi (la festività indiana che simboleggia la vincita del bene sul male, della primavera sull’inverno, durante la quale la gente si tira addosso polvere colorata). Ero a Varanasi, dovevo documentare il festival per un’agenzia; delle mie amiche indiane mi avevano avvisata di non uscire in strada perchè la gente beve troppo e diventa molesta: “c’è il peggio del peggio” in parole loro; non le ho ascoltate, dovevo lavorare e sono uscita comunque, nel giro di mezz’ora mi sono ritrovata sui ghat (i gradoni che portano al Gange) a schivare, scacciare e urlare addosso a non so quanti uomini che cercavano—spesso con successo—di palpeggiarmi. Ho dovuto fare retromarcia verso la mia guesthouse. É stato orribile, più che traumatizzata (ho la pelle dura) ero arrabbiata nera e piena di disgusto e rancore quel giorno. Col senno di poi invece capisco che potevo evitarmelo, potevo ascoltare le mie amiche, sono stata io a scegliere di uscire, sono stata naive.
Nonostante questo brutto episodio, nonostante l’India abbia dei problemi serissimi per quanto riguarda la disuguaglianza di genere e la violenza sulle donne (detta così è riduttiva, le dinamiche sono incredibilmente complesse) è un paese che amo alla follia e in cui continuerò a tornare, per la sua cultura, per la sua gente, perchè non bisogna mai lasciare che un paio di mele marce rovinino la percezione di un posto, un popolo, o un genere intero.
Una donna speciale che hai incontrato in uno dei tuoi viaggi.
Ho incontrato tante donne speciali, con delle storie incredibili ma la più speciale di tutte per me è Savitri, la mia “nonnina indiana”. Savitri é una signora sull’ottantina, induista devotissima, cuoca prestina, ha un sorriso sdentato stupendo e la sua dolcezza e gentilezza sono disarmanti. Gestisce la guesthouse in cui sto quando vado a Gokarna (una piccola cittadina sul mare nello stato del Karnataka) e ogni volta mi tratta come una figlia e mi fa sentire a casa, le voglio genuinamente bene, nella sua ordinarietà é la più speciale di tutte.
Savitri ©Sara Melotti
Come vedi la Sara del presente e cosa diresti alla Sara del passato?
Vedo una me vera a se stessa, una me finalmente sulla strada giusta, ma consapevole del fatto che c’è ancora tanta strada da fare. Più viaggio, più vedo, più mi accorgo di non sapere veramente niente, ma è quello il bello no? Continuare a camminare e scoprire e imparare.
Alla me del passato direi di avere fede, che tutto succede per una ragione anche se quella ragione la vedrai solo dopo, guardando indietro. E di non prendersi troppo sul serio, che la vita è uno strano posto, a volte meraviglioso, spesso brutale, ma in fondo in fondo altro non è che un gioco da giocare, una danza da ballare, finchè ci sarà musica.
Un obiettivo per il futuro che ti va di condividere con noi.
Raccontare storie è quello che più amo fare, vorrei poterlo fare su scala più ampia di adesso: il mio sogno nel cassetto è di fare uno show di viaggio in chiave documentaristica, che faccia vedere i paesi tramite gli occhi di chi lo abita, uno show che catturi l’essenza dei posti e dei popoli, che racconti storie di persone coraggiose, storie che parlino di realtà, idee, difficoltà, sogni, umanità; uno show che riesca a farci mettere nei panni di chi vive in un mondo completamente diverso dal nostro.
Ringraziamo Sara per aver condiviso con noi le sue riflessioni, che siamo stati orgolgiosi di proporvi nell’articolo di oggi. Noi le auguriamo buon viaggio e vi invitiamo a seguirla sul suo sito e sul suo profilo Instagram. E per te, che cos’è la bellezza? Faccelo sapere in un commento. Se invece vuoi tornare alla homepage di Zalando Privé, clicca qui sotto e scopri le nostre vendite private!